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Incubo green pass. La solitudine di chi dice no è solo apparente

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C’è il professore universitario e c’è il vicesindaco, c’è l’ex primario ospedaliero, il poliziotto e c’è l’insegnante delle superiori. C’è l’operaio che rinuncia allo stipendio e che da mesi siede con ostinazione davanti ai cancelli della New Holland. C’è la fisioterapista. C’è la studentessa. C’è il pensionato che, magari dopo due dosi, nemmeno può entrare in posta per prendere la pensione. Sono storie diverse, storie stigmatizzate sui grandi media, derise da tanti o addirittura criminalizzate da chi è al Governo. Eppure quelle di Francesco Benozzo, Camilla Nizzoli, Corrado Ruini, Daniele Giovanardi, Wilma Massucco, Andrea Brancolini, Enrico Orlandi, Camilla Dolcini e le tante altre storie emiliane che abbiamo raccontato in questi mesi, rappresentano pagine preziose di libertà e di pensiero difforme.
Un pensiero che in un tempo non tanto lontano veniva coccolato come una risorsa, e che oggi viene demonizzato come il pericolo supremo.

Sono storie di persone profonde, complesse, anche piene di contraddizioni e a volte di paure. Come lo sono le storie di ogni uomo e di ogni donna. Ma allo stesso tempo raccontano di esseri umani in buona fede che, senza alcun tornaconto, senza alcun premio, rinunciano alla propria comoda esistenza per un principio. Rinunciano al lavoro, alla carriera professionale e politica alla quale hanno dedicato tempo e fatica. Interi decenni. E lo fanno in modo pacifico, ostinato certo, ma senza violare alcuna legge.
Persone accomunate dalla volontà di dire no alla folle introduzione di un lasciapassare sanitario che – in pochi mesi – ha stravolto le regole della convivenza civile, escludendo dai principali diritti sociali persone senza alcuna colpa, minorenni inconsapevoli, vaccinati, non vaccinati e guariti dal virus. Perchè il dato sanitario, farmacologico, qui non c’entra nulla. Qui il tema è sociale: all’emergenza sanitaria che esiste e che nessuno nega, oggi si è aggiunta una emergenza diversa, staccata da essa, e che richiama gli esordi delle pagine più buie della storia.

Li chiamano ‘no vax’ con una etichetta tanto facile e dozzinale quanto falsa. Perchè un uomo è prima di tutto un uomo, una donna è prima di tutto una donna e solo dopo vengono le sue scelte sanitarie, religiose, politiche o sessuali. Sembra banale dirlo, ma oggi nell’Italia irriconoscibile 2022 è divenuto quasi rivoluzionario affermare l’ovvio. Ma non solo. Perchè spesso, peraltro, parliamo di persone che i vaccini sinora li hanno fatti tutti, a loro stessi, ai figli, persino ai gatti, ai cani e alle iguane domestiche. Richiami annuali compresi. Eppure persone così diverse l’una dall’altra, ognuna col suo universo alle spalle, con un vissuto unico e irripetibile, vengono messe tutte nella cesta infame dei ‘no vax’, di coloro che – pur potendosi contagiare in modo simile ai cosiddetti ‘si vax’ (così dice l’ultimo studio del The Lancet) – non meritano i diritti civili che per nascita ogni uomo dovrebbe possedere.

Sono storie di solitudine e di sofferenza. Una sofferenza tanto più profonda quanto incompresa e derisa. Eppure, a ben vedere, si tratta di una solitudine apparente. Perchè dall’incubo della spaccatura sociale creata dal green pass, dall’orrore della creazione di un nemico, si può uscire solo grazie alle fiammelle leggere di chi, con sorda determinazione, anche in un mondo impazzito non ha rinunciato ad affermare se stesso per affermare il ‘noi’ in cui sinora si è riconosciuto. Con coerenza, nella consapevolezza che la propria solitudine momentanea non è che il tassello insostituibile del nuovo mosaico di luce che prima o poi apparirà agli occhi di tutti.

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